La Moldova, un segreto da svelare

La Repubblica (di Marco Colognese)

“Dove??”. Provate a osservare quello sguardo tra l’incredulo e lo sbigottito con cui vi confronterete non appena avrete dichiarato che la vostra prossima destinazione sarà la Moldavia, che a dire il vero è Moldova. Pare infatti che confessando la partenza verso questa piccola repubblica, la penultima in ordine di dimensione dopo l’Armenia tra gli stati di quella che fu l’Unione Sovietica, la domanda che vi pongono sia legata ineluttabilmente a quella pigra abitudinarietà media che impedisce l’apertura mentale a nuove destinazioni, prigioniera di quel pregiudizio che incanala i viaggi in un flusso monotono. In Moldova non si trovano mari cristallini o vette eterne, ma la prima cosa che colpisce appena ci si inizia a muovere lungo le sue strade è la presenza di immensi spazi verdi solcati da strade che sono tutto un dolce saliscendi.

 

Questo probabilmente è anche uno dei motivi che la rendono il paese con più terra dedicata ai vigneti in rapporto alla dimensione rispetto a ogni altra parte del mondo e quello a che in passato forniva fino al settanta per cento del vino in tutta l’URSS: ma il mondo enologico moldavo, in una fase di grande espansione (duecentomila addetti su tre milioni e mezzo di abitanti), meriterà un’ampia parentesi a parte. Il senso di pacifica souplesse che si percepisce qui accompagna anche le persone che si incontrano: andar di fretta in Moldova è sconsigliato, bisogna abbandonarsi al suo ritmo. E magari trovare il tempo per una visita alla  (foresta reale), al confine con la Romania, tra una ricca vegetazione e le sue querce secolari, nota anche come “terra degli aironi” che qui nidificano nei pressi del fiume.

 

La capitale è Chisinau, “sorgente nuova”, un nome che deriva dalla sua fondazione da parte dei monaci che qui eressero un monastero. Rasa al suolo per l’ottanta per cento dai bombardamenti nel corso della seconda guerra mondiale, è una città tranquilla in cui edifici del periodo sovietico si trovano a fianco di architetture più moderne; da vedere la piccola chiesa di Mazarachi, costruita nel 1752 e l’ottocentesca cattedrale metropolitana. Allo stesso tempo vale assolutamente la pena visitare il grande mercato, respirarne l’atmosfera e apprezzare la colorata varietà di merci in vendita per rendersi conto che qui spesso ci si può sentire fuori dal tempo o meglio ancora in una dimensione differente rispetto a quella a cui siamo abituati. Nella capitale la ristorazione offre un buon livello qualitativo: si può scegliere Parol, moderno e con una buona scelta di miscelati o anche Vatra Neamului per una cucina più tipicamente territoriale da gustare magari nella sala dedicata ai grandi scrittori moldavi; oppure ancora l’ambiente luminoso e i piatti metropolitani del Black Rabbit Gastro Burrow.

 

Muovendosi dalla capitale in direzione nord est a circa un’ora di strada si trova un luogo di grande fascino: è Orheiul Vechi (Orhei sta per fortificazione), riserva naturale-culturale e area archeologica popolata già tra Paleolitico e Neolitico, che unisce a un paesaggio di ruvida bellezza tra diversi promontori (Butuceni, con il suo canyon e Pestere) e pareti a picco sul fiume Raut la possibilità di visitare un antico monastero scavato nella roccia. Qualche passo e si scende nel villaggio di Trebujeni: qui, lungo la pittoresca strada sterrata che lo attraversa, sono ancora i colori, questa volta quelli accesi di alcuni bellissimi cancelli in ferro che delimitano le case, a colpire l’attenzione. Non manca la possibilità di mangiare molto bene con una spesa che si contiene facilmente entro i 15 euro: un esempio è Casa Din Lunca, quel che qui chiameremmo agriturismo, dove si può anche dormire e godere di una bella piscina nel verde. Minimo comun denominatore della cucina moldava sono la relativa grande semplicità delle preparazioni e l’alta qualità media delle materie prime, con verdure (patate, eccellenti, in abbondanza) e carni ottime praticamente ovunque. Qui si assaggiano piatti tradizionali come la zeama, l’unico piatto davvero senza analogie con specialità di altri luoghi (come la Turchia che per tre secoli ha dominato questa nazione), corroborante zuppa cotta in un brodo di pollo e verdure, con una sorta di tagliatelle tirate a mano, varie spezie e il kvass, il risultato della fermentazione di acqua, farina e crusca.

 

La mamaliga invece, servita con uno spezzatino di carne, panna acida e branza un formaggio grattugiato molto simile alla feta greca, non è altro che un perfetto alter ego della nostra polenta, leggermente più consistente e ruvida. Ancora le sarmale, tipiche della cucina rumena, sono involtini di foglie di cavolo verza o di vite che possono contenere un ripieno di carne e riso e spesso vengono accompagnate da panna acida. Molto buone anche la limba soacrei, “lingua di suocera”, a base di melanzane. Infine la placinta, golosissima pasta sfoglia con ripieno salato o dolce per la quale non si usa burro ma olio di semi. Sulla via del ritorno da Orheiul Vechi a Chisinau vale la pena visitare la produzione, affidata alle abili mani delle donne del luogo, dei bellissimi tappeti artigianali dell’Arte Rustica di Ecaterina Popescu a Clisova Noua i cui motivi sono patrimonio immateriale Unesco (si trovano anche bei costumi tradizionali).

 

Altra tappa da non perdere è la fortezza di Soroca, città del nord bagnata dal fiume Nistru che segna il confine con l’Ucraina: eretta sulla base di una fortificazione quadrata in legno nel 1499 e trasformata poco meno di cinquant’anni dopo, è l’unica struttura di questo genere rimasta intatta fino a oggi in Moldova. Cinque torri unite da mura formano un edificio circolare; qui gli eserciti russo e moldavo fermarono le truppe turche nel 1711. Una leggenda racconta della cicogna bianca che nel corso di un lungo assedio dei Tartari avrebbe salvato i soldati moldavi senza più cibo né acqua portando loro dell’uva. Soroca però è nota anche per la collina dei Rom, vera e propria capitale gitana governata dal “barone” Arturo Cerari, un luogo da vedere, tra il kitsch, il bizzarro e il surreale con le sue improbabili ville faraoniche che lungo una strada sterrata rappresentano, tra le altre, riproduzioni della Casa Bianca, della Basilica di San Pietro e del Teatro Bolshoi di Mosca. Non lontano da Soroca il bel monastero di Curchi, che nel silenzio di un romantico contesto bucolico si presenta con i suoi colori luminosi, quasi sgargianti. Fondato nell’ultimo quarto di secolo del 1700, è uno dei più importanti monumenti della Bessarabia, la Moldova Storica, nella valle di Vatici in mezzo a bellissime colline verdeggianti.

 

Un vero e proprio salto nel passato si fa arrivando in Transnistria, repubblica separatista non riconosciuta dalla comunità internazionale che nel 1991 si è staccata dalla Moldova. Qui si respira un’aria d’altri tempi. Si entra in un paese che onora Lenin con enormi monumenti, si usano i rubli locali (le monete sono di plastica) e falce e martello sono simboli forti. A Tiraspol in compenso non manca il wi-fi, anche in un piccolo ristorante russo come Kumanek, dove si possono gustare buoni piatti un ottimo borsch con pampushki,  il caviale di luccio o il salo con vodka, pane di segale, cetriolo e lardo. Prima di uscire da questa immersione nel clima d’altri tempi, vale la pena visitare la distilleria Kvint, fondata nel 1897, sopravvissuta a due guerre mondiali e al crollo dell’Unione Sovietica, dove si producono più o meno dieci milioni di litri per quaranta tipi brandy di un certo valore fino al “Cneazi Wittgenstein” invecchiato cinquant’anni. Nei pressi del confine anche la fortezza di Tighina, nata per proteggere l’omonimo grande borgo commerciale, anch’essa come Soroca prima costruita in legno, ampliata dagli Ottomani conquistatori nel 1538 e successivamente nel XVIII secolo dal principe di Moldova. Circondata da un fossato di pietra, ha sei porte d’ingresso, dieci bastioni di artiglieria e 11 torri sulle quali è interessante salire per osservare i dintorni.